Abstract: Il diabete mellito, una delle malattie più temibili per le sue complicanze, sta aumentando rapidamente nel mondo; si stima che si raggiungeranno i 600 milioni di pazienti entro il 2035. Nel 15-20% dei casi, queste persone potranno sviluppare un’ulcera del piede che richiederà cure mediche, potendo evolvere fino all’amputazione di un arto o parte di esso. È fondamentale ridurre il numero di amputazioni, iniziando dal trattamento corretto della lesione ulcerativa e creando una rete assistenziale a livello regionale ospedale-territorio efficiente, capace di intercettare i pazienti nella loro fase iniziale, identificando i centri specialistici a cui inviarli tempestivamente secondo il modello hub and spoke. L’approccio multidisciplinare si è dimostrato l’elemento chiave nella riduzione delle amputazioni: oggi sappiamo da dati confermati in letteratura che grazie a questo approccio è possibile ridurre il numero delle amputazioni di oltre il 50%. Dal punto di vista economico, implementando i percorsi di cura strutturati con team dedicati, in Lombardia si avrebbe un risparmio calcolabile con buona approssimazione di oltre 6 milioni di euro/anno! Attualmente la regione Lombardia risulta sprovvista di un percorso assistenziale mirato per la prevenzione e la cura dei pazienti affetti da piede diabetico. Esistono 3 centri specialistici dedicati, ma non coordinati. Ci sarebbe necessità di un progetto che permetta di realizzare un percorso attivo di prevenzione e di cura dal piede diabetico, determinando un modello integrato di presa in carico del paziente cronico a livello sia territoriale che ospedaliero. Il primo passaggio potrebbe riguardare il territorio della Città Metropolitana di Milano e della Provincia di Milano. Successivamente, l’intera regione Lombardia; i tempi di realizzazione della prima fase: 2 anni con inizio nel 2022. L’obiettivo principale, oltre a rendere uniforme l’atteggiamento di cura del piede diabetico nell’intera regione, consisterebbe in una riduzione significativa dei tassi di amputazione sia minore che maggiore (almeno il 20% in meno dopo 3 anni). Verrebbero coinvolti oltre a tutti gli specialisti del caso all’interno degli ospedali, anche quelle figure professionali sul territorio (MMG, infermieri, podologi, tecnici e fisioterapisti in caso di pz amputato) che intercettano questi pazienti. Chi si occupa di tale problematica dovrà farlo a 360 gradi, dalla prevenzione alla prescrizione di calzature, evitando le recidive. L’organizzazione efficace prevede un graduale processo diagnostico-assistenziale da un modello base (Ambulatorio di 1° livello) verso l’eccellenza (Strutture di 3° livello). Queste ultime dovranno essere strettamente integrate con la rete territoriale delle cure primarie, dei servizi di diabetologia (di 1° e 2° livello) e dell’urgenza. Un ruolo rilevante dovrà essere dato allo sviluppo di competenze specifiche nell’ambito della chirurgia del piede diabetico e della rivascolarizzazione endoluminale disponibili h24, 7 giorni su 7 con figure quali un radiologo/cardiologo/chirurgo vascolare interventista, oltre che diabetologo, appartenente ad una struttura funzionale, anche pluridisciplinare. Oggi, in Lombardia, esiste quel know-how indispensabile per affrontare questa terribile complicanza. Si tratta solo di far dialogare tutte le parti e gli attori coinvolti con una cabina di regia regionale che monitorizzi e garantisca gli obiettivi nel tempo per il cittadino. MODULOORG
Titolo e contributi: Il piede diabetico inserito nella rete clinico-assistenziale e continuità delle cure ospedale-territorio : un nuovo modello organizzativo in Regione Lombardia / Roberto De Giglio
Pubblicazione: Milano: PoliS-Lombardia, [2021]
Descrizione fisica: 1 file (PDF) (31 p.)
Data:2021
Lingua: Italiano (lingua del testo, colonna sonora, ecc.)
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